martedì 7 febbraio 2012

l'ECOLOGIA SOCIALE

L’ecologia sociale è una dottrina ecologica e sociale ideata da Murray Bookchin. Questa filosofia radicale relaziona le tematiche ecologiste con quelle politiche e sociali.

Cos'è l'ecologia sociale
«L'ecologia sociale non è solo ambientalismo e tantomeno verdismo; essa rappresenta una filosofia complessa di riorganizzazione sociale e quindi di riorganizzazione dei movimenti antagonisti e di trasformazione/rivoluzione dello stato di cose esistenti.
Oggi, anche grazie alle nuove tecnologie di comunicazione, possiamo essere in grado di realizzare quella sintesi fra individui e strutture collettive che sempre hanno creato problemi di rigurgiti gerarchici e di sofferenza psicologica derivanti dalle competizioni interne sempre presenti negli ambiti collettivi. Il punto cardine della ecologia sociale rimane quello della sensibilità non gerarchica, intesa non come fatto spirituale ma come strutturazione etica ed epistemologica della mente.» (dal sito Ecologia sociale.org)
L'ecologia sociale ritiene che la questione ecologica non possa essere disgiunta da quella sociale; i “mali” dell’una e dell’altra vengono attribuiti allo sviluppo del capitalismo e al consolidamento della gerarchia e dell’autorità.
Questa radicale filosofia affonda le sue origini nel pensiero di Kropotkin e Reclus e nei loro relativi studi sulla cooperatività in natura, sul mutuo appoggio e sulla geografia sociale. Bookchin, partendo da questi suoi illustri predecessori, analizza questi concetti, dandogli nuovo vigore e originalità.
L’ecologia sociale ritiene che una visione ecologica della società permetta di escludere ogni tipologia di sfruttamento e di dominio dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sulla natura. Scrive Bookchin: « ...quando la natura può essere concepita o come uno spietato mercato competitivo, o come creativa e feconda comunità biotica, ci si aprono davanti due correnti di pensiero e di sensibilità radicalmente divergenti, con prospettive e concezioni contrastanti del futuro dell'umanità. Una porta ad un risultato finale totalitario e antinaturalistico: una società centralizzata, statica, tecnocratica, corporativa e repressiva. L'altra, ad un'alba sociale, libertaria ed ecologica, decentralizzata, senza Stato, collettiva ed emancipativa.».
L'individuo è quindi collocato all'interno del tutto («visione olistica dell'universo»), al di là di ogni visione antropocentrica della natura, caratteristica di quasi tutte le discipline sociali, che di par suo ha favorito lo sviluppo dell’idea di dominio e dell'oppressione dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sulla natura.
L'antropocentrismo tende a rappresentare l'universo come oggettivamente gerarchico e autoritario, quindi necessariamente da dominare e “piegare” al volere umano. Ciò non è mai senza conseguenze; infatti scrive ancora Bookchin: «Quest'immagine totalizzante di una natura che deve essere domesticata da un'umanità razionale, ha prodotto forme tiranniche di pensiero, scienza e tecnologia - una frammentazione dell'umanità in gerarchie, classi, istituzioni statuali, divisioni etniche e sessuali. Ha promosso odi nazionalistici, avventure imperialiste, e una filosofia della norma che identifica l'ordine con dominazione e sottomissione. La realtà, come vedremo, è diversa, una natura concepita come "gerarchica", per non parlare degli altri "bestiali" e borghesissimi caratteri che le si attribuiscono, riflette solamente una condizione umana in cui il dominio e la sottomissione sono fini a se stessi e mettono in questione la stessa esistenza della biosfera».
Evidentemente questa visione distorta della vita nel suo insieme, comporta il rafforzamento della strutturazione gerarchica umana. L’ecologia non può quindi che essere ecologia sociale, attenta cioè per prima cosa a «depurare» le relazioni sociali da ogni forma di coercizione e gerarchia e a valorizzare invece la varietà, la simbiosi, la libertà. In definitiva non si può quindi essere ecologisti senza essere allo stesso tempo contro l'autorità e la gerarchia, ossia, come dice Murray Bookchin, «l'ecologia, o è sociale o non è».

Prospettive dell’ecologia sociale
Gli ecologi sociali, che negli USA hanno nell'Institute for Social Ecology il centro nevralgico delle loro ricerche, ritengono che affinchè l'ecologismo possa fornire risposte concrete alla crisi della nostra civiltà, è necessario esaminare in maniera completa le dinamiche sociali che hanno prodotto la crisi (ecologica, politico e sociale), inserendole però in una prospettiva rivoluzionaria. La questione ambientale non può essere considerata una problema congiunturale risolvibile con alcuni semplici “aggiustamenti” all’interno del sistema vigente, ma una crisi strutturale, per superare la quale occorre creare una nuova cultura e fondare nuovi valori.
È la natura stessa, secondo Murray Bookchin, a fornire all’umanità le indicazioni sul dà farsi. L’uomo, fattosi autocosciente, deve comprendere di essere parte integrante della natura, divenendo capace di scegliere il proprio destino. In questo modo egli deve costruire una nuova prospettiva sociale, ecologicamente sana, e un nuovo metodo di vita basato sulle comunità autogestite, decentralizzate e democratiche, in grado di comprendere la natura globale della crisi ecologica. (vedi municipalismo libertario)

Ecologia sociale vera e falsa
Da quando l'ecologia sociale ha iniziato a diffondersi tra i movimenti sociali, diverse organizzazioni neofasciste, nazionaliste, di destra o cosiddette "tradizionaliste", hanno cercato di impossessarsi del termine "ecologia sociale" [1]. La vera ecologia sociale «non tollera nessuna ambiguità e possibilismo verso vecchi e nuovi fascismi comunque mascherati», l'antifascismo stesso è un caposaldo della vera ecologia sociale (quella cioè pensata ed elaborata dall'anarchico Murray Bookchin e dal suo Institute for Social Ecology), che ha una ben precisa connotazione libertaria.

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