lunedì 23 gennaio 2012

Attilio Sassi (1876-1957)

Attilio Sassi (Castel Guelfo, Bologna, 6 ottobre 1876 - Roma, 24 giugno 1957, è stato un sindacalista libertario italiano.

La gioventù
Attilio Sassi nasce in una modesta famiglia bolognese. Cresce in un ambiente di forte ribellione sociale, influenzato dalle figure di Andrea Costa, Amilcare Cipriani e del padre internazionalista. A dieci anni la propria "attività" di muratore e sovversivo; quando il padre venne ammonito per associazione di malfattori e la visita dei carabinieri portò il giovane Attilio ad indossare la cravatta rossa ai Primi Maggi imolesi.

Dal periodo brasiliano al primo dopoguerra
Nel 1985 parte per il Brasile, dove lavorerà prima a Belo Horizonte e poi nelle miniere di manganese del Minais Girais. Proprio in questa terra svolge il suo apprendistato teorico e pratico, divenendo un noto e apprezzato sindacalista formatosi dalle letture di Arturo Labriola e Georges Sorel. Durante i suoi 9 anni di permanenza in Sud America maturerà le sue idee libertarie, in contemporanea all'esplosione dell'anarchismo in quella che era una divenuta una meta di molti emigranti italiani.
Tornato in Italia è in prima fila in tutte le agitazioni fra Castel Guelfo e Imola, schedato dalla prefettura come «ribelle, maleducato, molto intelligente e di discreta cultura». Sposatosi nel 1905 con Maria Lucia Coraluci, da cui avrà cinque figli (tre moriranno in giovanissima età), tra il 1906 e il 1907 emigra in Svizzera, lavorando come muratore e guidandone il locale sindacato.
Tornato in Italia, ha relazioni dirette con Luigi Fabbri ed Errico Malatesta, militando inoltre nel gruppo "Amilcare Cipriani" di Imola; collaboratore alle riviste «Il Pungolo», «La Voce Proletaria» e «Agitatore», é denunziato e poi assolto per propaganda anticlericale. Partecipa al Comitato Nazionale dell'Azione Diretta e alla fondazione dell'Unione Sindacale Italiana nel 1912. È conosciuto e stimato a livello nazionale, prosegue l'attività sindacale: é attivo a Imola, Crevalcore e Piacenza, dove partecipa attivamente alla settimana rossa e al sostegno degli anarchici antimilitaristi Augusto Masetti e Attilio Moroni.
Allo scoppio della guerra si schiera con gli antimilitaristi, scrivendo articoli per «La Voce Proletaria», «Guerra di Classe» e «Volontà» e scontrandosi in piazza con gli interventisti. Partecipa con grande energia all'attività dell'USI negli anni del dopoguerra nonostante sia sottoposto a vigilanza e sia stato più volte diffidato e carcerato per brevi periodi, infatti la polizia pensa che Sassi faccia parte di un fantomatico "Comitato Segreto Rivoluzionario" con sede a Piacenza, ciò però non gli impedisce di proseguire il suo attivismo: appoggia la fuga dei disertori in Svizzera e nell'aprile 1917 partecipa a Firenze ad una riunione clandestina fra i dirigenti dell'USI (sono presenti anche Armando Borghi, Pasquale Binazzi, Temistocle Monticelli, Virgilio Mazzoni e Torquato Gobbi) in cui si decide di stampare un manifesto «diretto al popolo russo in rivoluzione», di predisporre un piano insurrezionale e di aderire al Convegno Internazionale di Soccolma indetto dagli operai e dai soldati di Pietrogrado. Propagandatore instancabile, nell'agosto 1917 si trova a Roma con Borghi per incontrare due rappresentanti del soviet russo. Per sostituire Enrico Melandri, il mese seguente é inviato a Valdarno per conto dell'USI a guidare e rappresentare 5000 tra minatori e operai.
Nel 1919 sono proprio i minatori del Valdarno a conquistare la giornata di sei ore e mezza, primi al mondo insieme ai cavatori di Marmo di Carrara. Questo grande risultato Sassi lo ottiene guidando uno sciopero durato 11 settimane in cui i minatori, al grido di: Le miniere ai minatori!, otterranno la solidarietà di tutta la popolazione della zona. Durante il biennio rosso Sassi é molto attivo: a Valdarno partecipa ad un comizio insieme ad Errico Malatesta ed invia un telegramma lettera al Presidente del Consiglio Nitti in cui minaccia uno sciopero generale se il governo cercherà di bloccare la fornitura di carta per il nuovo giornale anarchico «Umanità Nova»: «Minatori Valdarno ammoniscono governo effettueranno sciopero appena Umanità Nova sospende pubblicazione causa mancanza carta. Segretario Sassi».
Il 23 marzo 1921 i minatori di Valdarno si sollevano contro padroni e fascisti sino ad appiccare il fuoco alla direzione e provocando la morte dell'ingegniere Longhi. Al processo Sassi è condannato a sedici anni di carcere, così come altri cinquantacinque operai che subiscono pene variabili sino a 30 anni.

Il Fascismo e il periodo post-fascista
È costretto a scontare la pena in condizioni di carcere duro e subendo continui trasferimenti (Perugia, Spoleto e Portolongone). Nel 1925 é scarcerato per indulto, ma tre anni più tardi viene mandato al confino a Ponza, pena poi commutata in ammonizione. Rimane vigilato fino alla caduta del fascismo ma secondo le autorità continuerebbe ad avere contatti con elementi dell'antifascismo francese.
Nel 1945 contribuisce alla ricostruzione della CGIL e da segretario della Federazione Italiana Minatori e Cavatori (FIMEC) difende la pratica del sindacalismo libertario e dell'azione diretta, prodigandosi in favore dell'indipendenza dai meccanismi e dai partiti politici. Con Mario Mari promuove il comitato provvisorio delle Camere del Lavoro riunite di Arezzo e del Valdarno e nel dicembre del 1945 fa votare alla FIMEC una mozione per le 6 ore giornaliere per i minatori e il pensionamento dopo 25 anni di lavoro (comunque non oltre il 60° anno di età). Chiamato a Roma nel 1947 da Giuseppe Di Vittorio che lo vuole al suo fianco, lancia un appello ai minatori: «Cercate di consolidare la Repubblica anche se non é quella che voi sognavate, per migliorarla e volgerla verso la libertà e la giustizia sociale. Difendetela! Voi che sfidate la morte continuamente, entro le viscere della terra; voi che nel lavoro rappresentate l'aristocrazia del sacrificio, le vittime del dovere; difendetela dalla reazione da qualunque parte venga.»
Nonostante le sue idee considerate "eretiche", Sassi è stimato e rispettato in seno alla CGIL ed oramai uno storico sindacalista dei minatori i cui interventi più importanti sono volti al «controllo dei lavoratori sulla produzione nel campo tecnico-amminsitrativo». Nell’ottobre 1949 a Genova al II Congresso della CGIL denuncia il vezzo di promuovere la formazione di commissioni tecniche e di studio con l’apporto di elementi vicini al padronato o al governo, esprimendosi per l’unità dei sindacati liberi dai vincoli dei partiti e per maggior potere decisionale degli operai\ie rispetto ai tentativi di influenza dei politici. Intanto, nel 1950, nel Valdarno esplodono gravi conflitti tra i minatori e il padronato e sassi dalle pagine di Umanità Nova incita alla resistenza ad oltranza: «...i minatori lotteranno sino all’estremo delle loro forze e, se sarà necessario, interverranno altre forze in aiuto per far sì che anche in questa lotta i minatori possano raggiungere la vittoria». Vittoria che arriverà dopo 52 giorni di lotta nell’aprile 1952 e che affida la coltivazione delle miniere alla gestione operaia. Continua strenuamente a battersi contro l’idea del cottimo e gli “incentivi” volti a far aumentare il carico di lavoro sui proletari e al II congresso della CGIL (26 novembre-3 dicembre 1952) la frazione anarco-sindacalista interviene per criticare le interferenze dei partiti nei sindacati. Amico intimo di Giuseppe Di Vittorio, nella CGIL dominata dai comunisti Sassi è molto rispettato nonostante la sua avversione all’URSS. A 80 anni fa il suo ultimo intervento al congresso della CGIL del febbraio-marzo 1956 e si scaglia contro la miseria della scala mobile, il regolamento per le commissioni interne, in favore di una radicalizzazione delle lotte e avanzando riserve su alcune nazionalizzazioni.
Muore il 24 giugno del 1957 e i suoi funerali sono seguiti da una folla di amici, lavoratori, compagni di sindacato, rappresentanti della Federazione Anarchica Italiana e del PCI e naturalmente i suoi amati minatori. L’orazione funebre è tenuta da Armando Borghi. Nel 2001 il comune di Caviglia gli ha intestato la strada principale del Villaggio Minatori a Santa Barbara.

Bibliografia
T. Marabini, G. Sacchetti, R. Zani, Attilio Sassi detto Bestione, Autobiografia di un sindacalista libertario, Ed. Zero in Condotta
Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, Tomo II, da pag 493 a pag 497

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