domenica 22 gennaio 2012

la DISOBBEDIENZA CIVILE

La disobbedienza civile è un mezzo di protesta sociale che consiste nel rifiuto di obbedire alle leggi e ai decreti di qualsiasi governo. La disobbedienza può essere pacifica o anche violenta, in entrambi i casi però mantiene la sua "vena" radicalmente contestatoria dell’autorità. In sostanza è una pratica di lotta attraverso la quale il diritto individuale viene anteposto al diritto legislativo, quando questo entra in conflitto con "la propria coscienza".

Generalità
Quando in Europa si fa strada l'idea della "disobbedienza civile" come mezzo di opposizione ad una legge ingiusta, negli Stati Uniti tale concetto era già ben conosciuto per merito H.D.Thoreau. Questa metodologia di lotta è stata utilizzata da Ghandi (Ghandi fu notevolmente influenzato dal pensiero di Thoreau e Tolstoj) nella sua lotta contro l'imperialismo inglese, da Martin Luther King contro la segregazione razziale e negli "anni 60" da molti contestatori della guerra in Vietnam.
In Italia ebbe una buona notorietà il saggio del 1965 L'obbedienza non è più una virtù di Don Lorenzo Milani, che appoggiava l'obiezione di coscienza contro il servizio militare.

La Disobbedienza civile di Thoreau
La "bibbia" della disobbedienza civile può essere considerata il saggio del 1849 di H.D.Thoreau intitolato appunto "Disobbedienza Civile".
Thoreau fu un convinto antischiavista. Questa sua convinzione lo portò a rifiutarsi di pagare le tasse al governo americano. Per questo venne imprigionato e successivamente rilasciato solamente perchè un parente decise di pagare per lui le tasse.
Ecco alcuni interessanti stralci del saggio:
«La massa degli uomini serve lo stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bensì come macchine, con i propri corpi [...] Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco [...] Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, o dobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando non avremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? [...] Se mille uomini non pagassero quest'anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa è, di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione è possibile. Se l'esattore delle tasse, od ogni altro pubblico ufficiale, mi chiede, come uno ha fatto, "Ma cosa devo fare?" la mia risposta è: "Se vuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni". Quando il suddito si è rifiutato di obbedire, e l'ufficiale ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico, allora la rivoluzione è compiuta [...] Capii che lo Stato era uno stupido, che era timido come una donna nubile tra i suoi cucchiai d'argento, e che non sapeva distinguere i suoi amici dai suoi nemici, e persi tutto il rispetto che m'era rimasto nei suoi confronti, e lo compatii. Lo Stato dunque non si confronta mai intenzionalmente con il sentimento d'un uomo, intellettuale o morale, ma solo con il suo corpo, con i suoi sensi. Esso non è dotato d'intelligenza od onestà superiori, ma di superiore forza fisica. Non sono nato per essere costretto. Respirerò liberamente. Vediamo chi è il più forte. Che forza ha una moltitudine? Possono costringermi soltanto ad obbedire ad una legge che sia più alta della mia. Essi mi costringono a diventare come loro...»

La disobbedienza civile come mezzo e non come fine
Come si è visto dai precedenti capitoli, i principi della disobbedienza civile non sono un'esclusività degli anarchici. Tuttavia, il pensiero anarchico gli attribuisce una valenza molto particolare che lo contraddistingue da tutte le "altre disobbedienze". Infatti gli anarchici ritengono questo principio "un valido mezzo, ma non un fine".
La disobbedienza civile è quindi, per l'anarchismo, un mezzo non-violento per mettere in discussione l’esistenza stessa dello Stato, delle istituzioni e di tutto il sistema basato sullo sfruttamento capitalistico.

L'obiezione di coscienza
La parola "obiezione" deriva dal latino obicere, che letetralmente vuole dire «contrapposizione», «rifiuto». L'obiezione di coscienza è un gesto di disobbedienza civile, l'obiettore infatti si rifiuta di obbedire ad una legge o ad un ordine dell'autorità perché considerato in contrasto con i propri principi etici che sono radicati nella propria coscienza.
Relativamente al servizio militare, i primi due obiettori di coscienza italiani furono Rodrigo Castiello (pentecostale) ed Enrico Ceroni (testimone di Geova) che furono inquisiti negli anni '40 del XX secolo per non aver voluto svolgere servizio militare. Il primo obiettore condannato alla reclusione fu il nonviolento] Pietro Pinna (1948), finito in carcere per diversi mesi.
Un altro termine con cui vengono indicati gli obiettori di coscienza è quello di Refusniks, particolarmente utilizzato per indicare gli obiettori di coscienza israeliani.



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