martedì 3 gennaio 2012

le barricate antifasciste di Parma (1922)

La difesa di Parma del 1922, l'ultima di rilevanza strategica, opera del fronte unito Arditi del Popolo, in cui si erano amalgamate quasi tutte le formazioni di difesa proletaria, con un formidabile contrattacco in zona Naviglio, fu diretta contro un attacco combinato e preparato degli squadristi fascisti, comandati prima da Roberto Farinacci e poi da Italo Balbo. La difesa mise in difficoltà anche l'avvento del fascismo: il fronte unito aveva come comandante del direttorio la figura carismatica di Guido Picelli e l'epica sortita dal Naviglio fu guidata dall'altrettanto figura simbolo dell'antifascismo che fu Antonio Cieri. Assieme al fronte unito Arditi del Popolo, combatteva la Legione Proletaria Filippo Corridoni: cosa che fece arrabiare non solo Benito Mussolini, ma anche Roberto Farinacci, in quanto nella sede dei Corridoniani era in bella mostra una foto di Gabriele D'annunzio, del periodo, con dedica.

Cenni alla situazione italiana del periodo
Nel 1920, i disagi sociali e le protratte mire imperialistiche del capitalismo italiano portarono alla cosiddetta "Rivolta dei Bersaglieri" di Ancona, una vera e propria sommossa popolare, partita dalla Caserma Villarey dove i bersaglieri non volevano partire alla volta dell'Albania: c'è ancora vivo il ricordo della settimana rossa, l'insurrezione popolare verificatasi in Ancona tra il 7 e il 14 giugno 1914 e partita proprio per una manifestazione antimilitarista: la rivolta, in seguito, è estesa in Romagna, Toscana ed altre parti d'Italia. Fra i capi anarchici che entrano in contatto con i bersaglieri di Ancona, spingendoli alla ribellione, c'è Antonio Cieri, che, non potendo essere incarcerato per mancanza di prove, viene trasferito a Parma, divenendo figura di primo piano. Cieri poi, con Guido Picelli e la popolazione di Parma, le donne in particolare (importantissime sia come combattenti sia per supporto alla truppa), sarà l'artefice della sconfitta dei temutissimi squadristi di Italo Balbo. In quel periodo vi è pure la rivolta degli Arditi di Trieste, in concomitanza con l'impresa di Fiume, che non vogliono partire per altre guerre di rapina imperialista. Il governo teme una federazione fra Ancona e la quasi "filobolscevica" Fiume (già repubblica e Stato libero riconosciuto in primis dalla Russia sovietica). Tale polveriera potrebbe incendiare di sovversione il già insurrezionale territorio nazionale.
Nel 1921 la volontà di lotta rivoluzionaria del proletariato si scontra col riformismo ed il massimalismo, spesso solo parolaio del Partito Socialista. A causa anche di ciò le lotte si radicalizzarono sempre più: l'esempio della Russia, ed anche le spinte bolsceviche susseguenti all'impresa fiumana, galvanizzavano il proletariato, nel Luglio 1921 ci sono i Fatti di Sarzana, i fatti di Genova, i Fatti di Empoli 1921: il fascismo ha gettato la maschera di movimento di sinistra legato al sindacalismo rivoluzionario interventista, sansepolcrismo, rappresentato, artatamente anche, sul Popolo d'Italia di Benito Mussolini. Articolo in cui viene messa in evidenza e "caricata" solo la seconda del discorso di piazza S. Sepolcro, quella nettamente orientabile a sinistra: "l'affidamento delle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie e servizi pubblici" con punti di anticlericalismo, come appare dalla lettura dei punti riguardanti il problema finanziario; repubblicanesimo, volendo infatti formare una Repubblica con la creazione di una Assemblea Nazionale e rivendicazioni nettamente egualitarie e di classe discendenti dal sindacalismo rivoluzionario interventista. (Non pochi che aderirono al primo movimento fascista erano in buona fede, infatti passeranno all'antifascismo).
Nel 1922, il settarismo di Amadeo Bordiga da una parte e l'indecisione dei riformisti dall'altra, hanno impedito l'organizzazione generale e l'appoggio corale alle formazioni di difesa Antifascista che erano convogliate nel Fronte Unito Arditi del Popolo. Lo storico Tom Bhean, tra gli altri, indica in tali formazioni l'unica possibilità di fermare il fascismo) e di qui fa anche ipotesi dubitative sulla possibilità di avvento del nazismo, senza il precedente del fascismo. Anche Antonio Gramsci aveva capito la situazione ma fu messo a tacere, in quanto minoranza nel Partito Comunista d'Italia, nonostante le indicazioni di aderire date dall'Internazionale chiarite a Ruggero Grieco con forza dalla stesso Nikolaj Bukharin (Eros Francescangeli, Gli Arditi del Popolo). Giuseppe Di Vittorio nel 1922 struttura le squadre antifasciste: socialisti, comunisti, anarchici, assieme agli Arditi del Popolo, legionari ed ex ufficiali fiumani, ed organizza la difesa della sede della Camera del Lavoro di Bari sconfiggendo gli squadristi fascisti di Caradonna. A Piacenza, Livorno, Ravenna, Roma, Civitavecchia, (dove viene ancora conservata con orgoglio la Bandiera battaglione di Civitavecchia degli Arditi del Popolo), Bari, Ancona, Vercelli, Novara, Biella, Torino, Piombino, ecc. praticamente in tutta o quasi la penisola con le punte nelle zone con forte concentrazione operaia e/o portuali (Benito Mussolini si chiede "se è l'aria di mare a favorire il sovvertivismo"), è tutto un formarsi di squadre di autodifesa antifascista che sbarrano militarmente il passo agli squadristi, basandosi pure sulle capacità militari ed organizzative di molti reduci di guerra, anche graduati, molti anche interventisti delusi come Emilo Lussu. In particolare, una parte degli Arditi assaltatori d'Italia passa con l'antifascismo e spinge alla controffensiva armata, tenuto conto anche delle indicazioni di Mario Carli col suo articolo Arditi non gendarmi, che fece epoca. Nel prosieguo, a Roma, i “marciatori” sono bloccati all'ingresso dei quartieri popolari (storica la difesa di San Lorenzo coi preti alle campane per richiamare la popolazione), a Parma, la Legione Proletaria Filippo Corridoni va in clandestinità assieme a frange di Arditi del Popolo, dopo aver duramente sconfitto gli squadristi guidati da Roberto Farinacci prima e da Italo Balbo (che lo aveva sostituito nel comando per ordine di Benito Mussolini) poi. La lotta è impari anche a Genova, i fascisti passano ma la classe operaia di Genova è battuta ma non schiacciata: duri scontri tra fascisti e guardie regie da una parte, operai, Arditi del Popolo, sindacalisti, anarchici e comunisti dall'altra, si protraggono per quasi tutto il 1922.
Tessuto sociale parmense del periodo
Il comune di Parma nel periodo era costituito quasi interamente da territorio urbano con una popolazione di 57.000 abitanti (censimento avvenuto attorno al 1911), mentre ne contava circa 10.000 di meno nel 1901. Dopo la lunga stasi dell'ottocento, la popolazione aveva subito un notevole incremento avvertendo in generale il periodo di ripresa di stampo giolittiano sommata alla capacità, nello specifico, del sindaco Giovanni Mariotti.
Alla crescita demografica si era associato uno sviluppo urbano al di fuori dei bastioni del 1500, demoliti per far posto alle nuove costruzioni.
Il quartiere operaio di S. Leonardo si era sviluppato nella zona nord, residenzialmente meno appetibile, con lo sviluppo contemporaneo di numerose fabbriche, fra le quali la vetreria Bormioli che contava già 300 operai nel 1913. A sud, verso la Cittadella, si sviluppava invece un quartiere per benestanti. La viabilità mostrò un progresso nel 1910 con l'inaugarazione nel maggio delle linee tranviarie elettriche. Inoltre, nel 1900 erano entrati in funzione un nuovo acquedotto ed un nuovo macello; nel periodo intercorrente fra il 1901 e il 1903 i ponti Verdi e Italia, seguiti dallo stabilimento dei Bagni Pubblici sul Lungoparma nel 1906; nel 1907 apriva l'albergo Croce Bianca in piazza della Steccata, di cui prese possesso il comando fascista nell'agosto del 1922; nel 1909 le nuove Poste, e nel 1913 il supercinema Orfeo: alcuni sintomi del robusto sviluppo di inizio secolo.
A fronte di questi cambiamenti le crisi economiche nazionali del 1907 e del 1913 non ebbero forti ripercussioni nel Parmense, ancora poco industrializzato rispetto al triangolo Milano-Torino-Genova (il "triangolo rosso" era individuato invece da Genova-Vercelli-Torino). Nel Parmense la produzione della ricchezza restava, e resterà ancora a lungo di natura prevalentemente agricola (nel 1921 occupava circa 116.000 individui contro 37.500 nel ramo industriale) con circa la metà dell'attività nel capoluogo con operatori addetti alla trasformazione dei prodotti agricoli e alle piccole industrie metalmeccaniche specializzate nella produzione di macchinari agricoli e/o per il trattamento di prodotti della terra.
Mentre avvenivano queste trasformazioni, rimaneva, per converso, diviso in due l'aspetto social-logistico: l'Oltretorrente, chiamato anche Parma vecchia, a ovest, in cui alla fine dell'ottocento, in edifici spesso inadeguati, si era raccolto un miscuglio di abitanti di diverse provenienze geografiche e sociali, che si era integrato nel tessuto sociale già esistente: contadini inurbati, montanari in cerca di lavoro nel campo edilizio tenuto conto dell'incrementato sviluppo cittadino. Ad est quella che era la parte più antica della città, ma che veniva chiamata Parma nuova proprio per il suo aspetto più moderno e decoroso, era popolata in prevalenza dai diversi ceti borghesi e vi erano, ed ancora in gran parte permangono, le sedi dei poteri istituzionali. Il dato sociale, comunque, indicava una coesione sociale di Parma vecchia molto superiore a quella di Parma nuova. Un esempio del tessuto sociale di provenienza diversa ma amalgamato era un Ardito del Popolo, Enrico Griffith:
Il borgo del Naviglio, al margine nord orientale, aveva amalgama sociale simile all'Oltretorrente (tralasciando, ovviamente, la zona dei bordelli, posizionata da lunga data fra borgo Tasso e borgo S. Silvestro). Antonio Cieri dirigerà l'epica sortita del Naviglio a danno degli squadristi, magistralmemte raccontata nel libro Oltretorrente di Pino Cacucci. La suddivisione in due parti, o quasi, di Parma avrà anche grande importanza militare nello svolgersi della difesa della città dagli squadristi nel'Agosto 1922. È ancora da notare, per la vicenda, un dato riguardo all'artigianato, in quanto nell'Oltretorrente ci sono laboratori per scarpe e busti femminili con molti addetti/e, andati in crisi con l'avvento della guerra ed, a parte, quindi, la crescita di malcontento, c'è da supporre una parte di manodopera femminile relativamente emancipata: da cui l'importanza delle donne nella difesa di Parma sia nei combattimenti sia per supporto nelle retrovie, organizzazione lodata a denti stretti dalla stesso Italo Balbo, non solo donne ma anche suore che curavano gli Arditi ed i combattenti feriti e che il vescovo della città dovette difendere dalle proteste dei ras squadristi. Anche il Parmense risentì degli effetti dell'entrata in guerra del '15, coi problemi precedenti e susseguenti il conflitto: inflazione che erodeva i salari, difficoltà di rifornimenti di alimentari e combustibili, debilitazione fisica diffusa e aumento delle malattie (anche a Parma nel 1919 infuriò la "spagnola"). La mancanza di uomini, spediti al fronte, e la sostituzione con ragazzi e donne porta nuovamente alla formazione di una base operaia femminile emancipata dal lavoro e collegata, quindi, al problema militare della difesa di Parma. Ovviamente, anche se ci fu il blocco di lavori pubblici (l'ospedale ad esempio fu finito nel 1925 ed il formidabile monumento a Giuseppe Verdi nel 1920), non ci furono gravi problemi di disoccupazione visto lo "spopolamento" di manodopera maschile per l'invio alla guerra. È chiaro che la situazione era presagio dello scontro coi fascisti, visto anche la notevole presenza di dirigenti interventisti di sinistra ormai delusi e con capi riconosciuti sia a livello nazionale che locale, ad esempio Alceste De Ambris. Gli interventisti di sinistra hanno associazioni e formazioni molto attive in loco come la Legione Proletaria Filippo Corridoni: Mussolini avrà l'amara sorpresa di trovarsi contro i Corridoniani. Ma non fu del tutto una sorpresa, poiché Mussolini stesso aveva intuito l'aria che tirava, nonostante nella sede della Legione Proletaria Filippo Corridoni ci fosse un ritratto del periodo di D'Annunzio, con dedica, che fa infuriare sia Mussolini che Farinacci (Pino Caccucci, oltretorrente). Nel parmense la guerra, tramite le commesse, porta ad un incremento industriale sia nel settore agricolo che della manipolazione dei prodotti della terra. In buona sostanza, però, nonostante i tempi convulsi, la borghesia parmense non muta di atteggiamento dall'ante-conflitto e non vede di buon occhio, per risolvere i conflitti sociali, gli squadristi e i loro sistemi criminali: continua a far riferimento alla "politica" ed ai dettami ideologici della potente Associazione Agraria Parmense, quella che aveva battuto lo sciopero del 1908. Ecco perché a Parma ci fu un'organizzazione della difesa quasi corale, e la borghesia in linea di massima non pose forti ostacoli all'azione degli Arditi del Popolo e della massa proletaria in generale. [6]. D'altro canto vi era un ritorno di reduci fortemente delusi, in quanto Parma era stata città con forte stampo interventista, e anche moltissimi con stampo di sinistra, come si può desumere anche da quanto già detto; oltre alla delusione c'erano tutte le difficoltà del dopoguerra che attraversavano Italia ed Europa anche se in misura diversa: in questa situazione era ovvia la ribellione all'intervento degli squadristi: i reduci addestrati e delusi avevano ragioni e mezzi per organizzare la difesa.
Sintesi avvenimenti
La vicenda prende inizio dallo sciopero generale nazionale indetto dall'Alleanza del Lavoro, organo sindacale di fronte unito, il 1 Agosto 1922. Causa dello sciopero era il perpetuarsi e l'aumentare degli attacchi degli squadristi fascisti alle organizzazioni operaie, con numerosi morti, fra l'altro, senza intervento alcuno da parte degli organismi di repressione dello Stato, se non per proteggere i fascisti, eccezion fatta per i Fatti di Sarzana, in cui i carabinieri sparano sugli squadristi assieme agli Arditi del Popolo. I carabinieri erano in quell'occasione al comando del capitano Jurgens, che aveva partecipato alla repressione delle Guardie Rosse di Torino, e che evidentemente era coerentemente, per suo ruolo, contro ogni forma di sovversione in qualità di servitore dello Stato. Il capitano Jurgens non farà alcuna carriera sotto il fascismo, ovviamente, ed alcuni giorni dopo i carabinieri dovranno arrestare gli stessi Arditi del Popolo con cui avevano combattuto fianco a fianco.
Gli squadristi si scatenarono a livello nazionale contro il proletariato in rivolta, appoggiati dagli organi di repressione dello Stato. Il 3 Agosto 1922 lo sciopero venne interrotto.
Contrariamente a molte altre città in cui, nonostante la resistenza, le formazioni antifasciste devono cedere, a Parma viene organizzata una resistenza armata di ottima caratura militare a quanto asserisce a denti stretti lo stesso Italo Balbo che sostituirà, mandato da Benito Mussolini, Roberto Farinacci per l'inettitudine di quest'ultimo. Il futuro "duce" è intimorito dalla rivolta anche in quanto, assieme agli Arditi del Popolo, combatte quasi inaspettatamente la Legione Proletaria Filippo Corridoni, dimostrando, quindi, un coagulo di forze che arriva dagli interventisti di sinistra affascinati, in un primo momento, dal programma dei fasci di combattimento (Parma fu zona di interventismo di sinistra come già spiegato).
I lavoratori aderiscono allo sciopero in forze e i sindacalisti rivoluzionari son ritornati alla loro origine di classe con tutta l'influenza che han sempre avuto a Parma. Parma è restata quasi impenetrabile al fascismo come risulta dai diari di Italo Balbo (Milano 1932).
Inoltre, ormai da poco più di un anno operano le squadre di autodifesa proletaria di Guido Picelli, socialista internazionalista; tali organismi di autodifesa paramilitare avevano un perfetto serbatoio di reclutamento nel tessuto sociale proletario parmense incline al socialismo radicale ed all'anarchismo.
Si vedrà nel prosieguo che il reclutamento per i fatti di Parma sarà anche in altri strati con la caduta in combattimento di Ulisse Corazza, consigliere del partito popolare, che assieme ad un gruppo dei suoi disse "metto il mio moschetto a sua disposizione, comandante Picelli" (Pino Caccucci,"Oltretorrente"). Anche sui giornali di matrice liberale e borghese del periodo, a Parma, ci son violenti attacchi agli squadristi, individuati senza peli sulla lingua come criminali.
Nei primi giorni di agosto vennero mobilitati dal Partito Fascista per l'attacco a Parma circa 10.000 uomini, giunti dai paesi del Parmense e dalle province limitrofe; a comandarli venne inviato Italo Balbo, dopo il breve comando di Farinacci, già protagonista di simili spedizioni militari contro Ravenna e Forlì, il numero dei fascisti si incrementerà notevolmente con sopravvenuti rinforzi, proprio a causa della Resistenza opposta dalle Formazioni di difesa proletaria/squadre di autodifesa proletaria che aumentano la loro capacità di rintuzzare gli attacchi: alla fine si conteranno circa 40 morti fra gli squadristi, solo 5 fra gli Arditi del Popolo, fra i quali il valoroso Corazza. Gli squadristi dovranno allontanarsi, su consiglio anche del capo della polizia locale, Lodomez, uomo astuto che vista la situazione pericolosa per il fascismo (Eros Francescangeli, "Arditi del Popolo"), non solo a livello locale, preferisce mantenersi neutrale dicendo a Balbo: "che è meglio abbandoni la spedizione in quanto lui ed i suoi sottoposti non sono grado di garantire l'incolumità dei suoi uomini (di Balbo)". I 5 caduti fra i difensori sono Ulisse Corazza, consigliere comunale del P.P.I, Carluccio Mora, Giuseppe Mussini, Mario Tomba e il giovanissmo Gino Gazzola, la cui morte, Pino Cacucci dice nel suo libro "Oltretorrente", scatenò la furia di Antonio Cieri, che baionetta fra i denti e bombe a mano, seguito da popolani e donne, guidò l'epica sortita dal Naviglio spezzando l'ormai avvenuto accerchiamento da parte degli squadristi. Antonio Cieri aveva già compiuto un atto del genere che gli portò la decorazione nella prima guerra mondiale, non per fanatismo nazionalistico, (era un anarchico mandato al fronte ed andato di malavoglia), ma per salvare i commilitoni ormai intrappolati sotto fuoco austriaco. Antonio Cieri non perderà l'abitudine di condurre gli assalti davanti a tutti: morirà ad Huesca in Spagna, in difesa della Repubblica, attaccando una postazione dei nemici di sempre al comando della sua squadra di "bomberos", la postazione verrà conquistata ma Cieri morirà nell'attacco.
La popolazione dell'Oltretorrente e dei rioni Naviglio e Saffi si prepara, come ormai da storica abitudine, all'aggressione innalzando barricate, inoltre i recenti trascorsi militari di molti hanno insegnato qualcosa e si scavano pure trincee. Si vuole difendere ad oltranza sia le sedi delle organizzazioni proletarie di classe che quelle più centriste, ed anche le case, sapendo già le devastazioni che i fascisti hanno compiuto in altri paesi, ad esempio nel Ravennate, guidati proprio da Italo Balbo. A livello nazionale lo sciopero si esaurisce, di converso a Parma l'idea di resistere si radica sempre di più. Nei quartieri popolari i poteri istituzionali passano al direttorio degli Arditi del Popolo comandati da Guido Picelli; anche lui morirà in combattimento in Spagna, come Cieri, contro i fascisti: Barcellona, dove è sepolto, lo onorerà con funerali di Stato.
Tutta la popolazione partecipa attivamente agli scontri, comprese le donne che danno un apporto fondamentale oltre che come combattenti sul campo per l'organizzazione delle retrovie, organizzazione "lodata" da Balbo: vengono superate divisioni politiche anche profonde e radicate e che in certe situazioni precedenti portarono anche allo scontro fisico: Arditi del Popolo, sindacalisti corridoniani, confederali, anarchici come Antonio Cieri, comunisti, popolari, repubblicani e socialisti delle varie tendenze, combattono fianco a fianco contro gli squadristi.
Gli squadristi tentano di superare le barricate, devastano, nelle zone centrali della città, meno difendibili e difese,il circolo dei ferrovieri, uffici di numerosi professionisti democratici, le sedi del giornale «Il Piccolo», dell'Unione del Lavoro e del Partito Popolare. A questo punto iniziano le trattative, vista la situazione, per la fine dei combattimenti tra il comando di Balbo, le autorità militari e la Prefettura e Lodomez fa il discorso a Balbo di cui poco sopra: "non può garantire l'incolumità dei fascisti". La notte tra il 5 e il 6 agosto le squadre fasciste smobilitano e lasciano velocemente la città: Parma proletaria ha resistito ed ha salvato, in gran parte, l'intera città dalle devastazioni. Due Arditi del Popolo "salutano" Balbo, che abbandona Parma in automobile, scaricandogli addosso i loro revolvers. Molti anni dopo Balbo torna a Parma, con il fascismo ormai ben stabilizzato, e lo attende un grosso cartello con la scritta in dialetto parmigiano: «Balbo, hai attraversato l'oceano ma non il Torrente Parma.» Il 6 Agosto 1922, Lodomez, comandante militare della piazza, assume pieni poteri e proclama lo stato di assedio. Nella mattinata i soldati, festosamente accolti dalla popolazione, con cui fraternizzano, entrano nei rioni dell'Oltretorrente e del Naviglio e, in poco tempo, la situazione torna alla normalità.
Epilogo
Le ragioni sociali e politiche della resistenza vittoriosa di Parma sono molte e si legano a radicate esperienze del periodo, introiettate dal movimento locale dei lavoratori. Esperienze che vanno dal tradizionale ribellismo urbano dei quartieri più poveri ed anche fatiscenti della città (particolarmente i borghi dell'Oltretorrente) a tutta la situazione storico-politico-sociale brevemente analizzata nel paragrafo del Tessuto Sociale Parmense. È da rimarcare, comunque, che la cultura parmense dell'interventismo di sinistra e l'esperienza combattentistica nella prima guerra mondiale di molti lavoratori avevano rafforzato una forte volontà di cambiamento sociale e politico: l'unico vantaggio che vi era stato dalla guerra per la massa era un bagaglio di conoscenze militari applicate sul campo. Inoltre, c'era stata l'Fiume e Gabriele D'Annunzio è ancora considerato da Argo Secondari "il Comandante", come si può desumere da una sua intervista ad un emissario di Antonio Gramsci. È da tener ben conto pure che la Russia sovietica, in quel periodo, rappresentava una fiaccola per la speranza di emancipazione delle classi subalterne e per frazioni dei ceti medi in quel momento alleate del proletariato, ad esempio i molti reduci di guerra graduati e delusi. Occorre, ancora, rimarcare con forza l'importanza della figura carismatica di combattente antifascista rappresentata da Guido Picelli e la sua proposta politica per un fronte unitario antifascista, (successivamente Guido Picelli aderì al Partito Comunista d'Italia, ma in quel periodo era ancora un socialista internazionalista). Picelli è ricordato ancora oggi in modo epico a Parma, anche per le sue caratteristiche umane e di cultore dell'opera lirica. Militarmente parlando, in senso stretto, è ben difendibile una zona con strade strette, tortuose e anguste che porta ad un'immediata difesa con la barricata; ci sono dei precedenti storici con il lancio di tegole dai tetti e di pietre per le strade come forma di autodifesa dagli attacchi della polizia ed esercito già dalla fine del 1800, ed il metodo ormai è consolidato come forma di autodifesa contro le forze di polizia e l'esercito.
Personaggi correlati
L'elenco sottostante non è per ordine alfabetico bensì per gruppo politico-sociale, i personaggi già riportati su Wikipedia (essendo fra l'altro alcuni dei più importanti) hanno il minimo di informazioni introduttive per una immediata lettura della pagina.
  • Aimi Alcide (Polesine Parmense, Parma, 1896 - Como 1960). Dopo esser stato in seminario ed aver militato nella guardia regia e partecipato alla prima guerra mondiale costituisce il Fascio a Busseto nel 1921e si può identificare come capo degli squadristi della Bassa Parmense. È in collegamento con Roberto Farinacci, il ras di Cremona, non per niente il primo a dirigere gli attacchi a Parma sarà lo stesso Farinacci sostituito poi per inefficienza militare. Il culmine dei suoi attacchi fascisti si trova con la distruzione della Cooperativa di Fontanelle nell'agosto del 1922. Nel prosieguo il suo fascismo, dell'Aimi, di stampo intransigente lo porta all'emarginazione nel movimento fascista parmense stesso, quando è, nel seguito, da limitare uso di manganello ed olio di ricino, mescolato spesso a bitume. Diviene comunque membro del primo Consiglio direttivo della Confederazione Nazionale dei Sindacati Fascisti, commissario straordinario dei sindacati fascisti di Firenze e segretario generale di Massa e Carrara; nel 1929 il PNF lo trasferisce a Mantova dove continua ad occuparsi di sindacalismo.
  • Italo Balbo , politico, militare e aviatore italiano, ministro dell'aeronautica e governatore della Libia.
  • Giovanni Botti, segretario del PNF parmense nel periodo considerato.
  • Roberto Farinacci divenne segretario del Partito Nazionale Fascista.
  • Davide Fossa, squadrista, fu anche fondatore del sindacato fascista a Parma
  • Ranieri Remo (Fontanellato, Parma, 1894 - Fidenza, Parma, 1967), squadrista e capo dei fascisti a Fidenza. Entrò nel Partito Nazionale Fascista dopo essersi candidato al Consiglio comunale nelle liste del Partito Popolare a Borgo San Donnino (Fidenza), divenendo in seguito uno dei più noti esponenti fascisti del parmense fino ad inizio anni 30. Nel 1922 fu assessore e nell'agosto 1922 partecipò all'attacco squadristico contro Parma, seguace di Roberto Farinacci, fu protagonista di duri scontri all'interno dello stesso PNF fra le diverse fazioni arrivando all'espulsione del 1925, una volta reintegrato nel PNF assume l'incarico di segretario federale parmense (1927-29), ispettore nazionale (1927-31), membro della direzione nazionale del partito (1931-32) e continuò ad essere deputato della provincia di Parma fino al 1934, quando lasciò l'attività politica per dedicarsi all'industria nel ramo caseario e conserviero. Fu volontario nel secondo conflitto mondiale e non aderì alla RSI, però, subì un processo, comunque, per “atti rilevanti” a seguito del suo passato di fascista.
  • Terzaghi Michele, (Parma, 1896 - 1922),avvocato socialista fino al 1916, diresse La Difesa", (giornale della federazione del Partito Socialista Italiano), che passò poi sotto la direzione di Spartaco Lavagnini abbandonando il partito socialista a seguito della sua scelta interventista, aderì poi al fascismo nel primo dopoguerra con la successiva elezione a deputato del blocco nazionale del 1921.
Fronte Unito Arditi del Popolo, Legione Proletaria “Filippo Corridoni
  • Giuseppe Balestrazzi (Parma]], 1893 - Roma, 1983); presidente dell'Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra di Parma, Balestrazzi, sottotenente, venne ricoverato nel 1917 nell'Ospedale di Parma per una grave mutilazione al braccio sinistro dovuta ad ferita riportata in guerra e nello stesso anno con Priamo Brunazzi, altro mutilato di guerra ed altri pochi reduci fonda l'Associazione dei Mutilati e Invalidi di guerra a Parma quasi nello stesso periodo in cui nasce l'Associazione Nazionale di Milano. I due reduci si impegnano e sviluppano l'associazione che si mantiene di matrice apolitica, ne consegue che trovano un buon consenso interclassista, facendo ben notare che i reduci parmensi contavano più di 40.000 uomin (altri provincia compresa portano il numero abbondantemente al di sopra di 50.000) ma restando al dato qui riportato si ebbero 1.089 caduti sul campo, 1.718 caduti nel seguito per le ferite, 1.800 caduti per infezioni contratte nel conflitto, 420 internati in campi di detenzione militare degli avversari; ci furono 673 dispersi con oltre diecimila feriti. Parma fu epicentro del sindacalismo rivoluzionario e, quindi, anche di un non esiguo interventismo di sinistra, (Alceste DE Ambris ne è eclattante sempio). L'associazione fu subito ben accolta ed in breve tempo contò 2000 iscritti, circa, il foglio che editava si chiamava «la Parola». Nel 1919 Brunazzi dovette, avendo perso entrambi i piedi (con conseguenti "disagi"), abbandonare gran parte del suo lavoro e l'impegno fu asssunto quasi del tutto da Balestrazzi per cui nel 1920 divenne presidente a tutti gli effetti dell'associazione con Brunazzi nominato presidente onorario. Dopo il secondo conflitto il Balestrazzi diviene promotore dell'Istituto per la rieducazione dei mutilatini di guerra nel 1947. Balestrazzi si trasferisce poi a Roma e si occupa di scritti storici sui suoi trascorsi e sugli avvenimenti collegati.
  • Umberto Balestrazzi (Parma, 1885 - 1970) dirigente dell'Unione Sindacale Parmense, sarto, attivo fino da inizio secolo nelle formazioni giovanili dei socialisti. Nel 1906 era segretario del circolo di Parma, nel 1907, contrapposto alle posizioni ufficiali dei socialisti, passa alla linea sindacalista-rivoluzionaria di Alceste De Ambris, svolge il lavoro politico-sindacale presso la Camera del Lavoro di borgo delle Grazie e nello stesso anno viene arrestato per i tafferugli che seguono una manifestazione anticlericale. Viene scarcerato in maggio del 1908 e partecipa allo sciopero agrario, che subisce la sconfitta anche grazie alla astuta tattica portata avanti dagli agrari. Viene arrestato e condannato per la partecipazione agli incidenti scoppiati dopo una manifestazione anticlericale, si trasferisce in Francia, prende contatto con le organizzaione operaie locali e conosce Jean Jaur's, il leader del socialismo francese. Torna Parma nel 1914, è il periodo in cui Filippo Corridoni fa il noto viaggio in Francia che lo sposta su posizioni interventiste definitivamente, mentre invece Umberto Balestrazzi, all'opposto, entra in conflittto con la direzione sindacalista favorevole all'interventismo: fonda un gruppo di sindacalisti "neutralisti" con Mario Longatti, Casimiro Accini, Lodovico Saccani, Dante Vecchi e Alfredo Veroni. È da questo gruppo che dopo il conflitto può far rinascere l'Unione Sindacale Parmense con un giornale: «Il Proletario». Fu amico sia di Giuseppe Di Vittorio che di Guido Picelli, e si occupò anche del periodico L'Ardito del Popolo. Nel seguito si avvicinò sempre più al Partito Comunista d'Italia.
  • Alceste De Ambris esponente del sindacalismo rivoluzionario e vicino al primo fascismo rivoluzionario poi Ardito del Popolo
  • Amilcare De Ambris, fratello di Alceste De Ambris, sindacalista rivoluzionario, interventista di sinistra, fra i fondatori dei Fasci d'Azione Internazionalista, la cui parte progressista del programma fu veicolata dal Popolo d'Italia di Benito Mussolini come programma di S. Sepolcro, portando all'inizio del sansepolcrismo ad aderire anche numerosi persone di sinistra che poi passarono all'antifascismo.
  • Ulisse Corazza, «metto il mio moschetto a vostra disposizione comandante Picelli»(Pino Cacucci, Oltretorrente) consigliere comunale del PPI, fu uno dei 5 caduti degli Arditi del Popolo, cadde difendendo valorosamente una barricata.
  • Giacomo Ferrari, sindaco di Parma, parlamentare e ministro del Partito Comunista Italiano
  • Dante Gorreri , ardito del popolo ed in seguito partigiano
  • Enrico Griffith, ANPI storia movimento operaio di Parma
  • Giuseppe Isola, antifascista e dirigente dei socialisti internazionalisti "terzini" di Parma (Parma, 1881- 1957)
  • Aroldo Lavagetto (Parma, 1896 - 1981), reduce dalla guerra del 1915-18. Fu fra i rappresentanti di spicco dell'antifascismo liberale e repubblicano, redattore capo presso il giornale "il Piccolo Esponente" di Parma che fu fondato da Tullio Masotti. La sede del Il Piccolo fu devastata dagli squadristi durante l'attacco a Parma anche se i giornalisti tentarono una difesa armata e fu spostata quindi la stessa redazione presso la tipografia della Camera del Lavoro di borgo delle Grazie, in Oltretorrente, zona non conquistata dai fascisti e roccaforte del Fronte Unito Arditi del Popolo. A fascismo affermato, Lavagetto dovette fuggire a Milano riuscendo a trovar lavoro al «Corriere della Sera», in seguito si spostò ancora all'ufficio stampa delle Terme di Salsomaggiore ed infine nel 1935 trovò sistemazione in una societaà petrolifera appartenente a Nando Peretti. Dopo l'8 settembre del 1943 si stabilì a Roma e nel 1965 tornò a Parma.
  • Tullio Masotti (Falerone, Ascoli Piceno, 1886 - Milano, 1949), si stabilì a Parma nel 1907 come collaboratore di Alceste De Ambris, al momento dei fatti di Parma del 1922 era direttore de "Il Piccolo". A Parma, in breve divenne segretario della Federazione giovanile e vicesegretario della Camera del Lavoro sindacalista rivoluzionaria, dopo il 20 giugno 1908, data del grande sciopero agrario, si scatenò la represione della polizia e dovette rifigiarsi prima a Nizza poi a Lugano: la Corte d'Assise di Lucca pronunciò sentenza assolutiva per i sindacalisti rivoluzionari promotori dello sciopero, accusati di insurrezione armata contro il potere dello stato e Masotti rientrò a Parma nel maggio 1909, immediatamente si mise a ricostruire le fila del sindacalismo rivoluzionrio, indisse azioni contro la Guerra di Libia e iniziative di appoggio al proletariato in lotta in altre parti d'Italia. Tutto ciò aumentò sensibilmente il peso della Camera del Lavoro sindacalista rivoluzionaria di Parma sulla cui scia e, dietro iniziativa di Masotti, nacque l'Unione Sindacale Italiana di Modena nel 1912, ne divenne segretario fino alla crisi dovuta la problema dell'interventismo. Masotti, volontario, combatté col grado di ufficiale nella prima guerra mondiale Volontario e combattente con il grado di ufficiale partecipò alla Grande guerra. Dopo la guerra nuovamente a Parma si mise a dirigere un nuovo quotidiano: "Il Piccolo" di indirizzo democratico combattentistico, attirato dal primo fascismo come frange dei sindacalisti, ne divenne oppositore quando il fascismo, immediatamente dopo, rivelò la sua indole antiproletaria: gli squadristi, durante i fatti di Parma devastarono sia la casa di Masotti che la sede del "Piccolo". Molti anni dopo, nel 1940 Masotti si avvicinò alla formazione antifascista di Giustizia e Libertà diventando redattore di "Italia Libera". Dopo lo scioglimento di Giustizia e Libertà aderì al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, nel quale si occupò di "Battaglie sindacali", organo di stampa del partito.
  • Gaetano Perillo , comunista, capo degli Arditi del Popolo di Genova, partigiano, storico, Genova gli ha destinato un fondo per lo studio del movimento operaio genovese; alcuni storiografi che si sono occupati del riordino della vicenda degli Arditi del Popolo lo danno presente anche a Parma in quel periodo.
  • Vittorio Picelli (Parma, 1893 - Roma, 1979), fattorino postale, promosse l'organizzazione sindacale della categoria sino a divenire dirigente sindacalista rivoluzionario. Fu fondatore, con altri, del Fascio anticlericale “Francesco Ferrer” nel 1909 ed a causa di questa attività venne trasferito a Brescia, dove continuò la sua opera. Nell'agosto del 1914 a Parma si impegnò nella campagna interventista con molti dirigenti sindacalisti rivoluzionari, sul fronte francese fu decorato con medaglia di Bronzo. Assunse, dopo la prima guerra mondiale, incarichi direttivi alla Camera del Lavoro di Parma e nell'Unione Italiana del Lavoro, fu fra i difensori di Parma assieme al fratello Guido Picelli, a fascismo affermato partecipò all'associazione antifascista “Italia Libera” andando, poi, esule in Francia nel 1924, dove a Parigi fu attivista nel gruppo sindacalista “Filippo Corridoni” con Giuseppe Donati ed altri fuoriusciti curò la pubblicazione del “Corriere degli Italiani”, situazione in cui fu anche coinvolto Vittorio Ambrosini e Giuseppe Mingrino con le loro attivita' di rottura all'interno del fronte antifascista. Fu fra gli aderenti alla Lega Italiana dei Diritti e della Concentrazione antifascista, si avvicinò a Giustizia e Liberta' nel 1934, a causa della miseria, nella primavera del 1935 si spostò in Belgio, e chiese, tramite lettera a Benito Mussolini l'arruolamento Africa Orientale, rientrando dall'Etiopia alla fine del 1936. Con la famiglia si stabilì a Roma con incarichi nei sindacati fascisti, scrisse il libro "Il fante nella guerra nell'Africa Orientale"
Bibliografia
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  • Sicuri, Fiorenzo (a cura di), Guido Picelli, a cura di Fiorenzo Sicuri, con un saggio di Dianella Gagliani, Parma, Centro di documentazione “Remo Polizzi”, 1987.

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