domenica 15 gennaio 2012

la Banda del MATESE (1877)

Il Matese è una regione tra Campania e Molise che nel periodo successivo al risorgimento dimostrò la propria ostilità al nuovo Stato italiano attraverso il brigantaggio. Proprio in questa regione, nel 1877, la Banda del Matese (Errico Malatesta, Carlo Cafiero e molti altri militanti anarchici) mise in atto un tentativo insurrezionale volto ad instaurare i principi anarchici.

Il movimento anarchico italiano tra l’insurrezione di Bologna (1874) e quella del Matese (1877)
Dopo la fallita insurrezione di Bologna (1874), il movimento anarchico italiano dovette fronteggiare una grave crisi in conseguenza della dura repressione cui fu sottoposto (persecuzioni, arresti, scioglimento di diverse organizzazioni ecc.).
Nel giugno 1876, dopo il processo per i moti di Bologna (1874), tutti gli anarchici coinvolti ritornarono in libertà, convinti più che mai della necessità di rimettere in moto l’attività rivoluzionaria.
Carlo Cafiero e Malatesta (la banda del Matese si costituì principalmente per merito loro) individuarono nel Matese, la zona adatta alla guerriglia rivoluzionaria convinti che la popolazione locale, per lo più poverissima, li avrebbe seguiti con entusiasmo. I fatti dimostrarono il contrario.

I fatti
La Banda del Matese aveva in Carlo Cafiero, Errico Malatesta, Francesco Pezzi, Napoleone Papini e Cesare Ceccarelli gli elementi di maggior spicco.
Nel marzo del 1877 "la banda" ritenne fosse giunto il momento di agire, ma il clima rigido di quell'anno consigliò loro di spostare l'azione di qualche settimana. Quando le condizioni climatiche divennero più accettabili, i rivoluzionari decisero di ritrovarsi in un piccolo paesello, a San Lupo (Benevento).
Il 3 aprile 1877 Malatesta e Cafiero giunsero a San Lupo (Benevento), spacciandosi per turisti inglesi. Scaricarono molto materiale che avrebbe dovuto servire per la guerriglia dei giorni successivi. La sera del 5 aprile arrivarono altri rivoluzionari, tra cui Cesare Ceccarelli, Antonio Cornacchia e Napoleone Papini. Purtroppo per loro un certo Salvatore Farina, che avrebbe dovuto fungere da tramite con i contadini della zona, vendette le informazioni in suo possesso alla forza pubblica.
La notte fra il 7 e l'8 aprile 1877, gli anarchici, scoperti dai carabinieri, furono costretti a fuggire dopo una sparatoria che provocò il ferimento di due carabinieri (uno dei quali morì successivamente) . Il piano di insurrezione per San Lupo (Benevento) fu dichiarato decaduto (da sottolineare che erano stati preventivati un centinaio di insorti, invece se ne presentò solo qualche decina. Inoltre non si presentarono nemmeno le guide e ciò comportò, successivamente, seri problemi d'approvvigionamento alimentare e di orientamento nel territorio).
Malatesta e Cafiero non si persero d’animo e dopo aver camminato una notte intera giunsero nel comune di Letino (Caserta): issarono sul municipio la bandiera rosso-nera (episodio citato da P.C. Masini. “Gli Internazionalisti. La Banda Del Matese” e registrato nei verbali del processo di Benevento del 1878 contro la stessa banda), occuparono il Municipio, staccarono immediatamente il ritratto del re Vittorio Emanuele, proclamarono decaduta la monarchia, dichiararono abolita la tassa sul macinato e bruciarono tutte le carte comunali e catastali.
L'intervento della polizia mise in fuga la banda, evidenziando la scarsa preparazione del piano d'azione rivoluzionario, che cercò di fuggire nella foresta, ma dopo tre giorni gli anarchici si arresero al capitano Ugo De Notter.

Il processo
Dopo l'arresto, i componenti della banda incarcerati a S. Maria Capua Vetere. Inizialmente l'intenzione era quella di far giudicare gli insorti da un tribunale di guerra, il che avrebbe significato la condanna a morte per fucilazione. Per fortuna ciò non accadde ed invece furono giudicati da un tribunale civile. Decisiva fu l'intercessione della figlia di Carlo Pisacane, Silvia, che era stata adottata del Ministro degli Interni Nicotera e che probabilmente aveva avuto contatti con gli internazionalisti napoletani. Era stato l’avvocato Carlo Gambuzzi, già amico di Bakunin, a chiederle aiuto «e tanto scongiurò la giovane perché intercedesse presso il padre adottivo, in nome dell’affinità d’idee dell’analogia dei casi che legavano al ricordo del Pisacane la banda del Matese che Silvia riuscì a strappare al Nicotera la revoca della primitiva decisione. La minaccia del giudizio sommario era scongiurata».
Il processo contro la banda del Matese, difesa tra gli altri anche dal giovanissimo Francesco Saverio Merlino, iniziò il 14 agosto 1878 e si concluse il 25 dello stesso mese. La sentenza dichiarò innocenti i ventisei anarchici imputati della morte di un carabiniere, attribuita invece a causa sopravvenuta. Al termine della lettura nella sala scoppiò un caloroso battimano.
Mentre i carabinieri li traducevano in carcere per l'espletamento delle pratiche di liberazione, una folla di circa duemila persone acclamò gli insorti, dimostrando loro grande simpatia.

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